Epitteto

Vita Nato a Ierapoli (Frigia) intorno al 50 d.C., Epittéto nella giovinezza fu schiavo al servizio del liberto Epafrodito, che gli diede il permesso di seguire a Roma le lezioni del filosofo stoico Musonio Rufo. Dopo essere stato affrancato, Epitteto visse a Roma fino al 92/3, anno in cui fu costretto ad andarsene in ottemperanza all'editto di Domiziano, che decretava l'espulsione di tutti i filosofi. Si trasferì, allora, a Nicopoli (Epiro), dove rimase a insegnare filosofia per tutto il resto della sua vita. Tra i suoi discepoli vi fu lo storico Arriano, cui dobbiamo la raccolta degli insegnamenti del maestro. Epitteto morì verso il 135 d.C.

Opera Epitteto non curò l'edizione delle sue opere e quanto passa sotto il suo nome è, in realtà, la raccolta di appunti delle sue lezioni eseguita dallo storico Arriano. Questi scritti comprendono: a) diatribe, in 8 libri, di cui solo quattro ci sono giunti integri; b) il celebre Manuale, in cui viene sintetizzato l'insegnamento del buon filosofo stoico.

Caratteristiche generali dell'opera Poco interessato a risolvere problemi di carattere tecnico-speculativo, Epitteto dedicava invece particolare attenzione al tema morale. Fedele all'etica stoica secondo cui la filosofia è soprattutto «esercizio (pragmateìa) intorno al Logos», ossia adeguatamento alla volontà del Logos supremo principio ordinatore dell'Universo, Epitteto insegnava a distinguere nella vita ciò che dipende da noi da ciò che, invece, è al di là del nostro potere d'azione; e definiva la felicità come capacità di accettare questa distinzione, esaltando l'indipendenza raggiunta da chiunque fosse in grado di liberare il proprio animo dalle costrizioni esterne. 

Lingua e stile Arriano si astenne dal rivestire in forma dotta gli insegnamenti del maestro, tentando il più possibile di riprodurre fedelmente il tono delle lezioni di Epittéto. Nelle Diatribe, dunque, non meno che nel Manuale sono preservate le forme del linguaggio parlato, che non poteva che essere quello della koiné. Colpisce, soprattutto, la conservazione di veri e propri latinismi (p.es. gr. palàtion, per lt. palatium; gr. kìrkos, per lt. circus; gr. kaisarianòs, per lt. caesarianus; etc.), come anche la presenza di neoformazioni greche per rendere espressioni latine, che costituiscono la migliore riprova del fatto che il purista Arriano non modificò affatto la lingua del maestro da lui "stenografata". La sintassi di Epitteto è estremamente semplice, anche se, talvolta, la schematicità dell'appunto e la sinteticità del dettato possono compromettere l'immediata perspicuità del testo (un problema che, come è stato visto, affiora a ben altri livelli nelle opere esoteriche di Aristotele). Quel che, comunque, garantisce vivacità allo stile sintetico di Epitteto/Arriano è il fervido tono di apostolato che impronta tutta l'opera. «Il fuoco di Epitteto — ha scritto giustamente Max Pohlenz — arde anche negli appunti desunti dalle sue lezioni. Da essi ancora oggi emana un fascino cui difficilmente si resiste».

Vedi versioni 543-546, alle pp. 482-484 di Saphéneia.

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681 Devi dare il giusto peso alle cose**