A spasso con gli antichi. Che cosa vediamo
oggi?
Una ziggurat sarda
La visita a Monte d’Accodi non può non lasciare stupefatti:
la forma e le dimensioni del famoso “altare” danno l’illusione
di essere capitati in Mesopotamia, di fronte a
una ziggurat,
uno di quegli enormi edifici “a gradoni” di cui la biblica
“Torre di Babele” è l’esempio più celebre.
Di che cosa si tratta? In effetti, non ci sono confronti in tutto il
Mediterraneo per una costruzione del genere e molti aspetti restano ancora
oscuri. Comunque è certo che, nonostante venga chiamato “altare”,
si tratta in realtà di un edificio sacro molto più complesso,
come nel caso delle ziggurat.
Con altare
infatti si intende il piano d’appoggio per i sacrifici. Invece qui
ci troviamo di fronte a un grande santuario, a un’area di culto
composta da diverse strutture: un basamento di forma tronco-piramidale
(una piramide senza la punta) con una rampa che porta a un’ampia
terrazza rettangolare in cima. Sulla terrazza anticamente si trovava il
sacello,
cioè il vero e proprio edificio di culto. Esso corrispondeva al
tempio che si trovava sulle ziggurat e che serviva a custodire oggetti
sacri o immagini della divinità.
L’
“altare” di Monte d’Accodi fu costruito nell’età
del rame in un’area sacra vicino a un villaggio di capanne, in sostituzione
di uno più piccolo preesistente.
Ripercorriamo insieme le tappe principali della vicenda.
La storia di quest’area archeologica inizia nella fase più
antica del neolitico, circa nel 4200 a.C., quando sorse un villaggio di
capanne di forma circolare di cui si possono ancora vedere dei circoli
delimitati da ciottoli di pietra.
Attorno al 3500 a.C., accanto al villaggio venne creata un’area
sacra, costituita da singoli grandi blocchi di pietra di forma particolare:
i betili
o menhir.
Circa duecento anni dopo, attorno al 3300 a.C. (alla fine dell’età
neolitica), iniziò la costruzione del primo altare monumentale,
alto 5 metri e 40 centimetri, del quale ora non si vedono tracce. In cima,
sulla piattaforma quadrangolare di circa 23 metri di lato, venne edificato
un sacello rettangolare, di cui rimane una parte del muro. Questo primo
monumento era molto più preciso e rifinito di quello costruito
in seguito ed era interamente ricoperto di intonaco dipinto in ocra rossa.
Grazie a indagini approfondite, gli archeologi hanno scoperto che l’intero
edificio venne distrutto in seguito a un incendio.
Circa
500 anni dopo, attorno al 2800 a.C. (all’inizio dell’età
del rame), fu costruito il monumento di cui possiamo vedere i resti.
Questo secondo monumento aveva dimensioni molto più grandi rispetto
al primo: la base rettangolare misurava quasi 40 metri x 30, l’altezza
era di 9 metri (ma in origine doveva superare i 30) e la rampa era larga
10 metri, circa il doppio della precedente, e lunga quasi 42. In cima,
molto probabilmente, venne costruito un nuovo sacello, ma non se ne sono
trovate tracce.
Il luogo fu frequentato fino alla fine dell’età del rame
(2000-1800 a.C.), come testimoniano i reperti
trovati, e poi abbandonato durante l’età del bronzo, per
motivi a noi ignoti.
La scoperta
La scoperta del monumento avvenne nel 1952. A quei tempi, quella che
oggi appare come una ziggurat era una modesta collinetta in una zona pianeggiante
destinata alla coltivazione di ulivi e viti. Poi, a poco a poco, i lavori
di aratura riportarono in superficie molti piccoli utensili, punte di
freccia, lame e raschiatoi in selce. Altri lavori agricoli scoperchiarono
per caso una tomba di forma circolare con piccole stanze attorno a una
centrale.
Tutti questi indizi indussero gli studiosi a procedere con gli scavi archeologici:
si pensava infatti di trovare un nuraghe.
Invece venne alla luce quello che si rivelò essere uno straordinario
“altare” preistorico di almeno 1000 anni precedente la civiltà
dei nuraghi!
La visita all’area archeologica non può prescindere da quella
al Museo “G.A. Sanna” di Sassari, nel quale un’intera
sala è dedicata proprio a Monte d’Accodi.
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