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Il neorealismo nelle arti figurative

Negli ambienti artistici personalità isolate o gruppi (come la rivista «Corrente di vita giovanile», o tout-court «Corrente», quindicinale fondato nel 1938 dal pittore Ernesto Treccani) incominciano a realizzare opere in controtendenza rispetto all’imperante cultura celebratoria fascista già prima del conflitto mondiale. In campo artistico dunque si evidenziano tendenze che guardano all’estero e vogliono sprovincializzare le arti figurative in chiave progressiva, con un’implicita critica sociale.

Questa specie di fronda è la premessa che spiega, una volta abbattuto il regime, il dispiegarsi di una pittura neorealista che, in senso stretto, non sarà di amplissima portata e avrà come suo massimo esponente Renato Guttuso.


Il gruppo di «Corrente»

All’inizio della sua carriera Guttuso (1912-1987) opera nell’ambito della “Scuola Romana”, poi, negli anni Quaranta, in quello del gruppo di «Corrente». Entrambi questi movimenti, pur senza gesti di rottura, reagivano al dominante clima culturale del fascismo, il primo con scelte tematiche e formali non conformiste (acceso cromatismo, realtà dimessa, rifiuto di ogni intento celebratorio), il secondo con un più esplicito schieramento di fronda e intento di critica sociale. Intorno alla rivista fondata nel 1938 ruotano, oltre Guttuso, pittori come Treccani, Birolli, Migneco, Sassu e lo scultore Giacomo Manzù.

Gli esempi a cui guardano sono fuori dallo stagnante panorama italiano: gli espressionisti tedeschi, Picasso che proprio in quei tempi componeva la sua grande opera di protesta contro la guerra e il totalitarismo, Guernica.

Negli anni Quaranta l’opposizione e l’aperta denuncia non possono emergere e quindi i messaggi sono traslati in metafore che fanno trasparire la visione degli artisti sotto forme e iconografie riconducibili alla tradizione. Due crocefissioni sono emblematiche di questo tragico momento. Nel 1942 Manzù realizza un bassorilievo intitolato Deposizione in cui il suppliziato, appeso per un solo braccio, nudo, è osservato con indifferenza da un panciuto soldato ugualmente nudo, con un elmo chiodato in testa. Un anno prima, su una grande tela di 2 metri per 2, lo stesso tema è trattato da Guttuso con forme che risentono del cubismo con colori forti e arbitrari e con un intersecarsi di linee di forza molto dinamiche, quasi convulse. Manca del tutto l’aura sacrale: un cavallo è blu, un altro bianco, un ladrone ha un incarnato rosso corallo, a Cristo s’avvinghia una sensuale Maddalena nuda.

Il pittore siciliano giustifica di fronte allo sconcerto le sue scelte con una dichiarazione che è già di poetica neorealistica: «Questo è tempo di guerra e di massacri; Abissinia, gas, forche, decapitazioni, Spagna, altrove. Voglio dipingere questo supplizio come una scena d’oggi».


La pittura di Renato Guttuso

Nel dopoguerra Guttuso, militante iscritto al PCI, caratterizza la sua pittura secondo le seguenti tendenze: dal punto di vista dei contenuti, affronta temi di esplicita attualità sociale, alcuni molto “politici”, per esempio l’occupazione dei latifondi da parte dei braccianti (L’occupazione delle terre incolte in Sicilia 1949-50, Dresda, Gemäldegalerie), altri, con uguale densità, rivolti ai fenomeni di costume (in una tela del ’58 intitolata Rock and Roll); dal punto di vista dello stile c’è da osservare che accantona le suggestioni d’avanguardia per una pittura più improntata a un robusto realismo. Mantiene il suo tratto deciso, il suo gusto per un forte cromatismo, ma si attiene quasi sempre a un’ispirazione vicina al realismo socialista: i suoi popolani hanno il segno della fatica, ma esprimono un’orgogliosa dignità.