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Dalla resistenza alla repubblica
La resistenza nellItalia invasa e divisa
La guerra aveva avuto un diverso andamento nel nord e nel sud del paese; nellautunno del 1943, dopo larmistizio dell8 settembre, lItalia si ritrovò in parte invasa dai tedeschi, in parte dagli Alleati. Mentre le regioni meridionali erano state occupate dagli Alleati fin dal 1943 e si era mantenuta una continuità con lo stato monarchico e con i suoi quadri amministrativi e burocratici, nelle regioni centro-settentrionali, il fascismo si era riorganizzato sotto il controllo tedesco e aveva fondato la Repubblica sociale italiana, con capitale Salò, che riuscì a costituire un piccolo esercito non solo con il reclutamento forzato, ma anche con ladesione di giovanissimi volontari e fascisti fanatici e una Guardia nazionale repubblicana, impiegati dai tedeschi in funzione antipartigiana e in azioni di rappresaglia contro la popolazione civile.
Sulle montagne si era infatti organizzata la resistenza, costituita da nuclei di militanti antifascisti e militari sbandati, in cui avevano avuto un ruolo di grande rilievo le forze della sinistra, soprattutto il Partito comunista che era stato attivo per tutto il ventennio del regime fascista con una rete clandestina. La resistenza fu una guerra di liberazione dallo straniero e contemporaneamente una guerra civile contro i fascisti.
Claudio Pavone, uno dei più importanti storici della resistenza, osserva:
« Affermare che la Resistenza è anche guerra civile [
]
significa sforzarsi di comprendere come i tre aspetti della lotta patriottica,
civile, di classe , analiticamente distinguibili, abbiano spesso convissuto
negli stessi soggetti individuali o collettivi»
(da Una
guerra civile. Saggio storico sulla moralità della Resistenza).
La resistenza fu inizialmente un fenomeno spontaneo; successivamente
si organizzò in gruppi stabili, caratterizzati politicamente e diretti tramite i Comitati di liberazione nazionale, articolati a livello locale. Le componenti più agguerrite e organizzate facevano capo ai partiti della sinistra: le Brigate Garibaldi, comuniste; quelle di Giustizia e libertà, del Partito dazione;
le Brigate Matteotti, socialiste; vi erano poi le formazioni autonome,
di orientamento monarchico, liberale, democristiano.
Le differenziazioni ideologiche e politiche allinterno del movimento partigiano riguardavano il nuovo Stato da costituire a guerra finita. Le forze di sinistra si battevano per un rinnovamento sociale e politico radicale (alcuni si battevano per una rivoluzione di tipo sovietico). I moderati pensavano alla restaurazione dello Stato liberale prefascista; i democristiani puntavano alla formazione duno
Stato ispirato ai principi della Chiesa di Roma.
Le donne nella resistenza
Un importante contributo alla resistenza venne dato dalle donne,
alcune inquadrate nelle formazioni combattenti, anche con funzioni di
comando, moltissime altre in attività disparate ma fondamentali e non meno pericolose:
« Cerano le famose staffette, che erano in verità quasi sempre veri e propri ufficiali di collegamento e non solo battistrada nelle azioni e negli spostamenti [
] cerano le informatrici, talvolta addirittura impiegate negli uffici militari o paramilitari tedeschi o fascisti; a queste facevano capo altre che portavano le notizie interessanti direttamente alle formazioni, a tappe forzate, magari a piedi o in bicicletta, riuscendo spesso a vanificare progettati rastrellamenti. Cerano le infermiere [
] le dottoresse [
] le addette alla stampa, che operavano nelle redazioni clandestine e badavano alla distribuzione di giornali e volantini. Cerano le portatrici darmi, le segretarie dei comandi, le addette allorganizzazione di alloggi clandestini e luoghi dincontro per i capi militari e politici. Cera insomma intorno al movimento partigiano, sia in città che sui monti, una fitta ragnatela di donne che facevano di tutto»
(G.
Beltrami Gadola, Le donne nella Resistenza in Lombardia).
Si veda in proposito anche il romanzo LAgnese va a morire,
di Renata Viganò.
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